Dashboards are dead? Spieghiamoci meglio.

Datamaze
09.06.21 10:33 AM Comment(s)

La situazione attuale

Da ormai più d’un anno, in Internet girano articoli dal tanto semplice quanto accattivante titolo Dashboards are dead. Negli articoli di più ampia analisi viene enunciato che, dopo 20 anni di onorato servizio, le dashboard sembrano aver toccato il loro punto massimo di diffusione ed utilizzo: ciò le porta a non essere considerate più uno degli obiettivi principali nell’adozione dell’Analytics and Business Intelligence in azienda. Fin qui tutto bene: il mercato cambia e, con esso, anche le modalità di lavoro.


Altri articoli, invece, illustrano (abbastanza superficialmente, a dire il vero) una serie di motivazioni per le quali le dashboard sembrano aver fallito il loro scopo di vita. Gli autori di questi articoli preannunciano quindi la morte di questo strumento, definendolo non più utile per business e collaborazione. Il tutto allo scopo di presentare il successore nonché soluzione definitiva: il data notebook. (brevemente, è un documento programmabile che contiene codice – SQL, Python, R od altri linguaggi –, formule ed equazioni, grafici e testo­­­­, con la quale è possibile condurre analisi di dati altamente personalizzate).


Ma stanno davvero così le cose? Stiamo per assistere alla scomparsa delle dashboard dal set di strumenti aziendali? Oppure stiamo semplicemente vedendo nascere un nuovo strumento d’analisi che operi oltre le dashboard? Analizziamo la questione, e proviamo a dare una risposta. Una piccola anticipazione però ve la do: la dashboard non sono morte, e non stanno nemmeno morendo.


Perché ci viene detto che le dashboard sono morte

I punti che emergono sono principalmente cinque. Vediamoli uno per uno.


Ritardo sul cambiamento. I dati aziendali cambiano ad una velocità di troppo superiore alla velocità di intervento dei creatori di visualizzazioni. Questo porta ad avere dashboard perennemente in ritardo rispetto alle altamente (e sempre più) mutevoli logiche di business.


Difficoltà di azione. In parole povere, ci si lamenta della staticità delle dashboard, che vincola l’utente a cercare di indovinare qual è la migliore mossa di business, partendo non da un dato estrapolato ad-hoc per lui, quanto piuttosto da un dato “generico” di più ampia audience, e dall’effimera intuizione che l’utente può avere da esso. In altre parole, non è lampante quale sia la migliore strategia da adottare a seguito di un’evidenza nelle metriche di business: rimane necessario uno sforzo aggiuntivo da parte dell’utente, che deve analizzare i dati più a fondo ed in autonomia.


Complessità del ciclo di vita. Una dashboard è soggetta a troppe iterazioni del proprio ciclo di vita: il tempo che intercorre dalla prima richiesta al rilascio finale è quindi eccessivo. Inoltre, le aziende difficilmente investono – o investono adeguatamente – in figure di questo tipo, ostacolando di fatto il processo. Spesso mancano proprio le figure in azienda; altre volte sono prevalentemente coinvolte su altri fronti.


Perdita del controllo. Creata una dashboard, ci sono una moltitudine di utenti che ne richiedono la modifica, spesso su misura per sé stessi. Di conseguenza si hanno diverse versioni di una stessa dashboard, oppure dashboard farcite di decine e decine di filtri differenti per tutte le occasioni. Caso affine sono le dashboard create ad-hoc per un’occasione – un’analisi spot, od una riunione – e poi mai più utilizzate. In tutti questi casi, l’azienda ha perso il controllo sulla proliferazione delle proprie dashboard e sullo stato del proprio sistema di reporting.


Sfiducia nel dato. Capita spesso che le dashboard mostrino numeri differenti da quelli che gli utenti sono stati abituati a maneggiare nel tempo. E siccome a nessuno piace avere torto, a chi verrà più spesso attribuita la colpa di sbagliare? All’utente, che lavora in azienda da anni, oppure all’ultimo arrivato, cioè la dashboard?


Se ci limitiamo anche solo a questo elenco di cinque punti, potremmo affermare che le dashboard sono ormai uno strumento obsoleto, e che andrebbero rimosse dai sistemi informativi aziendali. Ma c’è un ma. 


Perché invece le dashboard non stanno affatto morendo

Partiamo dalla prima cosa che io stesso dico ai clienti quando affronto le prime chiacchiere sulla Business Intelligence: qual è il grande scopo finale della BI? Riassumo una grande risposta in tre concisi punti:

(1) From data, (2) to insight, (3) take action.


Diciamolo per intero: si tratta di intervenire per migliorare i processi di business, forti di ciò che abbiamo scoperto ed imparato rielaborando i dati grezzi che l’azienda produce quotidianamente. Non lasciamoci però sfuggire un importante dettaglio: la Business Intelligence è a supporto del Decision Making, e non sostitutiva dello stesso.


La critica che questi articoli muovono sulla poca propensione delle dashboard a fornire chiare indicazioni sulle strategie aziendali da adottare («Dashboards don’t drive action»), è quindi sterile: le dashboard non sono progettate – e non sono mai state pensate – per agire sul business, quanto piuttosto per conoscerlo più nel dettaglio (tramite i numeri) e visualizzarlo meglio nella propria mente (grazie ai grafici). In altre parole, le dashboard sono tavole condivise di conoscenza sulla quale ragionare assieme in azienda. Sta poi alle persone responsabili decidere come intervenire ed agire sul processo.


L’altra accusa sterile è quella della relativa staticità delle dashboard, caratteristica che non può soddisfare la totalità degli utenti in azienda. La dashboard è statica? Sì, ma è pensata per esserlo. C’è una netta differenza fra quello che sono reporting e dashboarding, e quella che è invece chiamata data exploration. Sono due attività diverse, che probabilmente competono ad utenti diversi, e che richiedono strumenti diversi. La dashboard non è progettata per permettere all’utente finale di analizzare/navigare i dati in completa libertà.


È un tema anche organizzativo perché, per abilitare qualsiasi utente finale alla più libera navigazione dei dati, occorrerebbe entrare in un clima di forte data democracy. E sebbene questo sia il desiderio di molte aziende – s’è visto negli scorsi anni attraverso il sempre caldo tema della self-service BI – non è un bene assoluto, e difatti non funziona, o non funziona proprio benissimo. (Pensiamo anche alla nostra democrazia come cittadini: soffre gli stessi problemi della democrazia dei dati nelle aziende.) A questo punto è importante capire come occorra maggior cura negli strumenti che si consegnano agli utenti, e come sia necessario farli accedere al giusto contesto dati che sia il meno complesso – ma più completo – possibile.


Che le dashboard siano uno strumento “vecchio”, ci può stare come critica. Ma ciò non significa che non siano più uno strumento valido, anzi! (Le asce esistono da quasi due milioni di anni, e le usiamo ancora oggi.) Bisogna entrare nell’ottica che, proprio grazie alla fonte informativa rappresentata dalle dashboard, l‘azienda evolverà, e con essa anche le analisi che avrà bisogno di condurre. È quindi naturale che, negli anni, alcune dashboard necessiteranno di modifiche oppure potranno essere rimosse e sostituite da altre più utili. Si tratta di un processo di pulizia e svecchiamento che va fatto.


Vien da sé che se un’azienda ha un problema con le dashboard, la causa non è da cercarsi nello strumento quanto piuttosto nel chi lo utilizza, o nel come lo utilizza. Questo è il cosiddetto people problem, facilmente risolvibile con della sana formazione e/o del sano aggiornamento. E quando manca l’adeguata formazione – o, ancor prima, informazione – su strumenti tecnici, manca anche la fiducia che gli utenti dovrebbero avere in questi stessi strumenti.


Se in azienda manca la cosiddetta fiducia sui dati (data trust), significa molto banalmente che l’azienda non ha ancora finalizzato quel cambio culturale che dovrebbe portare al data-drivenness, ovvero lo stato in cui è l’evidenza inequivocabile dei fatti (dei dati) a guidare le decisioni aziendali, e non l’opinione sensazionale del singolo individuo. Anche questo è uno dei primissimi temi che affronto coi clienti in fase di programmazione della BI, prima ancora di progettare alcun ETL o di vedere alcun dato. Per convincere gli utenti a fidarsi dei dati, un ottimo sistema è il data storytelling, in cui si costruisce una narrazione che vada a contestualizzare e raccontare il perché dei dati.


Un commento finale (e personale) sugli articoli nel web

È bello che si stia cercando di ideare e costruire nuove soluzioni per l’analisi dei dati, e i data notebook rappresentano senz’altro un’alternativa, esplosa di recente, che sarà molto interessante provare sul campo e tenere monitorata nel mercato. Non è però altrettanto bello vedere come questi articoli, palesemente nati per vendere un prodotto (diritto sacrosanto!), diano per spacciata una tecnologia che in realtà è ancora attuale. Millantare di essere la soluzione definitiva ai problemi di una tecnologia che ha senz’altro i suoi limiti, ma che è demonizzata su problemi che non sono poi i suoi, a mio parere non è professionale e assolutamente superfluo.


Credo sinceramente che esistano aziende che soffrono quotidianamente quei cinque problemi elencati sopra, ma come già spiegato, sono tutti problemi che hanno un fondamento da non ricercarsi nello strumento tecnico delle dashboard, in questo caso. Vendere i data notebook ad utenti che lavorano in un’azienda che non è nemmeno in grado di tenere sotto controllo lo stato delle proprie dashboard è sinceramente pericoloso, perché si sta dando loro ancora più potere e libertà, ma anche complessità e responsabilità.

Per risolvere un problema, occorre innanzitutto senso critico per determinarne la vera sorgente.


Bibliografia

Dashboards are dead, Tarun Manrai.

Dashboards are Dead, Taylor Brownlow.

Trend 2: Decline of the dashboards, Gartner.

Are dashboards dead?, Tristan Handy.

Are analytics dashboards dead? Here's how to bring them back to life, Mary Shacklett.


di Thomas Tolio, pubblicato il 9 giugno 2021


Scopri i nostri corsi formativi sulla Business Intelligence

Prenota un incontro conoscitivo con i nostri esperti, individuiamo assieme la soluzione per la tua azienda.